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PARITA’ DI GENERE E IMPIEGO PUBBLICO

«Illegittimità costituzionale della norma contenuta nell'art. 7 della legge 17 luglio 1919, n. 1176, che esclude le donne da tutti gli uffici pubblici che implicano l'esercizio di diritti e di potestà politiche, in riferimento all'art. 51, primo comma, della Costituzione».

Corte Costituzionale, sentenza n. 33/1960

Gentili collegh*,

oggi, 21 maggio 2021, corre il 61° anniversario dalla pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale n. 128, della storica sentenza della Corte Costituzionale n. 33/1960, con cui la suprema Corte dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, della legge 17 luglio 1919, n. 1176 che nel disporre che le donne erano ammesse, a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni ed a coprire tutti gli impieghi pubblici, poneva, per converso, la regola generale della loro esclusione, salvo che una disposizione eccezionale le ammettesse espressamente, da quegli impieghi pubblici implicanti poteri pubblici giurisdizionari o l’esercizio di diritti e di potestà politiche, o attinenti alla difesa militare dello Stato secondo specificazioni contenute in un successivo apposito regolamento.

La Corte Costituzionale ha abrogato la suddetta norma per incostituzionalità, ritenendo che in essa "il sesso femminile è assunto come tale a fondamento di incapacità o di minore capacità, non già a requisito di idoneità attitudinale, per una categoria amplissima di pubblici uffici (e, ch'è più, di incerta definizione e, in conseguenza, di vaghi confini), in via di regola, non già in via di eccezione e con riferimento concreto a particolari situazioni, ponendosi, anzi, in via d'eccezione e con rinvio alla legge, il caso di ammissione delle donne a taluno degli uffici ricompresi nella categoria generale di esclusione. La sua illegittimità costituzionale è pertanto evidente al lume della giurisprudenza di questa Corte".

La Corte Costituzionale ricordò, infatti, che ‹‹non può essere dubbio che una norma che consiste nello escludere le donne in via generale da una vasta categoria di impieghi pubblici, debba essere dichiarata incostituzionale per l'irrimediabile contrasto in cui si pone con l'art. 51, il quale proclama l'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive degli appartenenti all'uno e all'altro sesso in condizioni di eguaglianza. Questo principio è stato già interpretato dalla Corte nel senso che la diversità di sesso, in sé e per sé considerata, non può essere mai ragione di discriminazione legislativa, non può comportare, cioè, un trattamento diverso degli appartenenti all'uno o all'altro sesso davanti alla legge. Una norma che questo facesse violerebbe un principio fondamentale della Costituzione, quello posto dall'art. 3, del quale la norma dell'art. 51 è non soltanto una specificazione, ma anche una conferma.››.

In merito, si ricorda a tutte le dipendenti e i dipendenti dell’Amministrazione, che, oggi, il CODICE DELLE PARI OPPORTUNITÀ (D.LGS. N. 198/2006), all’art. 1, co. 2, come modificato dal d.lgs. n. 5/2010 di attuazione della direttiva comunitaria 2006/54/CE, prevede espressamente che "la parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione".

Il successivo comma 4 stabilisce, inoltre, che "l’obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente non solo nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi e di regolamenti, ma anche nell’adozione di atti amministrativi e in tutte le attività politiche ed amministrative".

La UILPA MI-MUR, pertanto, invita tutte le colleghe e tutti i colleghi, nell’ambito delle proprie funzioni, competenze e responsabilità, a vigilare sul rispetto delle suddette previsioni e a coadiuvare la nostra Amministrazione a dare attuazione concreta alla tutela della parità di genere.

UILPA MIUR

Il Vice Coordinatore Nazionale Il Coordinatore Nazionale

Luca Sabatino Alessandra Prece