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Caro Ministro,
ho deciso di scriverLe questa lettera aperta a seguito della Sua volontà di introdurre - nel nostro settore – nuovi ed invasivi strumenti di rilevazione delle presenze che non soltanto offendono la dignità dei lavoratori della P.A. ma ne ledono lo stesso senso di appartenenza.
Chi Le scrive ha l’onore di rappresentare tanti lavoratori del Pubblico Impiego, che si sentono fortemente indignati e feriti nell’orgoglio ovvero quello stesso sentimento in virtù del quale - nonostante il peso dei sacrifici economici sopportati e dei carichi di lavoro enormi – riescono
comunque ad assicurare quotidianamente la funzionalità degli uffici e l’erogazione dei servizi al cittadino. Ma non solo.
Chi Le scrive, infatti, rappresenta una grande Organizzazione Sindacale che, a partire dal vertice, in moltissime trasmissioni televisive non ha mai esitato nel dichiarare pubblicamente la costituzione come parte civile nei procedimenti contro i “furbetti del cartellino” ed è lo stesso che non ha indugiato nell’allontanare quei pochi che – con i propri esecrabili comportamenti – hanno gettato discredito sull’intera categoria, costituita per il 99,7% da lavoratori onesti che non meritano di subire ulteriori penalizzazioni e comportamenti punitivi nei propri confronti.
Lei si è insediata nel nuovo ruolo di Ministro della Pubblica Amministrazione affermando di voler operare in discontinuità rispetto al passato e di non voler legare il Suo nome ad alcuna riforma ed invece, in assoluta continuità con i Suoi predecessori che hanno legato i propri nomi a delle pseudo riforme, Ella sta demonizzando i pubblici dipendenti invece di puntare alla valorizzazione della loro professionalità. Proprio come Brunetta, che si è identificato nella battaglia contro la malattia, e come la Madia, che ha affrancato il licenziamento in 48 ore, anche Lei vuole riformare senza innovare, soltanto ricorrendo alla “criminalizzazione” dei lavoratori pubblici mediante l’introduzione della rilevazione biometrica della presenza. In poche parole, i lavoratori pubblici verranno schedati come i delinquenti comuni all’atto dell’arresto.
Caro Ministro, voglio rappresentarLe che il mio sogno è completamente diverso.
Io sogno un Politico, “uno di quelli veri”, che possa denunciare tutta la classe politica per quello che negli ultimi vent’anni ha combinato e per come ha ridotto la Pubblica Amministrazione.
Quando un padre abbandona a sé stesso il proprio figlio, questo gli viene tolto e così dovrebbe accadere anche nella Pubblica Amministrazione. Chi l’ha ridotta allo stremo, generando le condizioni in cui versa oggi, dovrebbe vergognarsene e non essere accusatore, come invece ha fatto la Politica in questi anni e ad esso dovrebbe subentrare chi è in grado di ridare linfa vitale alla macchina pubblica, attraverso la promozione di un processo di sviluppo e di crescita. Ma un piano di accrescimento e di evoluzione presuppone investimenti seri e concreti, escludendo tagli di risorse e mortificazione degli operatori.
Alla Politica degli ultimi vent’anni è stato consentito di smantellare la Pubblica Amministrazione con operazioni che ne hanno svenduto dei veri e propri pezzi in nome di una razionalizzazione che ha avuto come unico risultato quello di privare i cittadini di tanti servizi e di favorire l’arretramento della presenza dello Stato sui territori del nostro Paese. Alla Politica è stato permesso di distruggere ciò che è “pubblico” e che invece è importante che tale rimanga, perché uno Stato degno di questo nome non può privarsi del “pubblico” agevolando la privatizzazione dei servizi al cittadino, in antitesi con la tutela e la garanzia dei diritti previsti dalla Costituzione.
Caro Ministro, quando ricorrendo al falso problema dei “risparmi di spesa” si chiudono uffici, sottraendo servizi alla collettività, non si rende un buon servizio. Ciò dipende dalle scelte della Politica e non è colpa dei lavoratori.
Quando, ad esempio, si sceglie di non stanziare le necessarie risorse per le autovetture della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, si accetta di togliere sicurezza ai cittadini. E’ evidente, infatti, che in assenza del presidio del territorio e del regolare svolgimento di quei compiti cui i lavoratori delle Forze dell’ordine sono preposti, si rinunci di fatto a dare civiltà al Paese. Ciò dipende dalle scelte della Politica e non è colpa dei lavoratori.
Quando si consente lo svuotamento degli uffici e si sottopongono i superstiti a ritmi di lavoro inaccettabili, che producono anche malessere e disservizi, ciò equivale a far sì che la Pubblica regalare alla collettività tutta i servizi pubblici che merita e di restituire al nostro Paese la
collocazione di cui è degna in Europa, nell’ambito della quale deve tornare ad occupare un ruolo da protagonista.
Caro Ministro, nel rinnovarLe la disponibilità ad un percorso condiviso, colgo l’occasione per augurarLe una Pasqua di pace e serenità.
IL SEGRETARIO GENERALE
Nicola Turco